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Aldo Drudi, il designer di Valentino Rossi. Ecco come è nato uno stile. Drudi: «Ho cominciato con suo padre Graziano. Poi il genio di Valentino l’ho tradotto in fantasia».
RICCIONE – Quando ancora doveva nascere la leggenda di Valentino Rossi, in Italia c’erano i grandi: Giacomo Agostini e il suo acerrimo rivale – romagnolo - Renzo Pasolini. Facevano parte di quella mitologia sociologica che ha tatuato sulla pelle i piloti in bianco e nero così come la tv. I caschi erano a scodella come gli indimenticabili occhialoni. Altri tempi. Aldo Drudi, che allora era un ragazzino, non poteva certo lontanamente immaginare che sarebbe diventato dopo trent’anni «il re dei caschi e delle carene». Insieme ad altri coetanei passava però già interi pomeriggi aggrappato alle reti di Misano - il circuito di casa – con due passioni: le motociclette e la grafica.E se nessun pilota a quei tempi pensava allo star system, figurarsi Aldo, che dopo aver frequentato la Scuola d’arte sperimentale di Pesaro si era affidato ai sogni e ai cilindri, pur di colorare il suo mondo onirico e rombante. La prima cavia? La sua moto: una Yamaha bicilindrica con livrea gialla, ridipinta color azzurro cielo.Non si può certo dire che il destino si sia nascosto tra le nuvole di quel cielo: dopo essersi iscritto all’Accademia di Firenze conosce a Urbino, in una discoteca, il suo idolo di gioventù Graziano Rossi, quello che oggi è conosciuto come il padre di Valentino Rossi, ma che è stato a sua volta pilota capace di far parlare di sé, per la stravaganza, i capelli lunghi e quell’accenno di follia alla Steve McQueen, unito ad grande talento per la guida -. «Graziano – spiega Drudi -, come Valentino è stato il precursore della comunicazione nel motociclismo. Amava i colori e la creatività. Aveva, come Valentino, l’idea di una cura maniacale per l’espressione della personalità di un pilota attraverso il disegno. Ci lega, in particolare, la prima tuta a righe bianche e rosse, e il primo prototipo di casco con disegnato un arcobaleno e un castello».
lettura su Max,Ottobre/2010 pg.108,109,110,111