domenica 8 novembre 2009

I and Messner



«Il ghiaccio è il mantello dell'oscurità della montagna. Quando si arriva lassù, restano i residui delle forze. Gli ultimi scarti dell'esistenza. Si procede lentamente. Entra in noi la decelerazione. Il campo gravitazionale è molto inferiore allo zero. Manca l'ossigeno. Il cervello non ha più la capacità di giudizio perchè è come se fosse pieno di ovatta. Oltre gli ottomila ero solo. In quei momenti non potevo condividere la mia gioia con nessuno. Non sono mai arrivato in nessuna cima per morire, ma sono arrivato ad un polpastrello dalla morte. Tante volte. La mia arte è quella di farcela, dal momento che non ho mai potuto spostare le montagne. Nei momenti di grave difficoltà, a -30 gradi, sotto le tempeste di vento e neve, ho capito che nella mia testa dovevo rimpicciolire le montagne. Per arrivare. Ero l'arbitro del mio destino. E nella vita quel che conta è il sapere accumulato, come conquistiamo le cose e le persone. A 22 anni mi arrampicavo da solo perchè avevo capito che l'arrampicare era una passeggiata verticale. Ora mi concentro sulle possibilità del saper agire e del saper fare in orizzontale. Ho lasciato la civiltà e mille volte sono ridisceso dalle più alte vette. Per saper amare qualcosa bisogna essere liberi dentro, altrimenti veniamo accecati dall'egoismo. Io, quando guardo le montagne,vedo i coralli dell'era glaciale ».

Brixen, 7 november, Reinhold Messner



Ho la febbre, la febbre della libertà di guardare il mondo e amare. Amb