domenica 4 luglio 2010

Il destino e la legna

E' propripo vero che il destino fa fuoco con la legna che c'è. Non importa dove e la quantità. Quella è, e il destino si va a nascondere nei segreti, tra il muschio e quel che trova. Per fare i conti con le cose normali ci vuole un falò e quando si ha un fiammifero spento davanti alla terra bruciata intorno a noi, bisogna capire che la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a essere solamente se stesso e non gli altri. O solo gli altri. Il resto del tempo è condannato ad aspettare o a ricordare, senza che uno sia nè triste e nè felice. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana. Lontanissima. E non tornerà più. Tornerà solo da ogni cosa che ha in comune. Se poi un bel giorno, su un bus o su un treno, la felicità ti assale e quel fiammifero spento davanti alla terra bruciata si accende all'improvviso, è la vita che ti frega per sempre quando pensi di avere l'anima congelata in qualche freezer dimenticato. E cosa succede? Dentro di te si semina un odore, un immagine, un suono, un frammento che non se ne va più. E quella si chiama felicità. Queste sensazioni ti entrano negli occhi e sarai sempre un marinaio che davanti al mare, sulla strada asfaltata, a migliaia di chilomtri, su un tuk tuk, sentirai ogni mattina quell'odore, di notte quel suono, nei crepuscoli quell'immagine. E se andrete dagli indovini vi diranno le stesse cose, vi diranno che il vostro destino è diventato un sentiero, un cammino. L'emozione più grande? Quella di consegnarsi al destino come un ladro che ha rubato la felicità per tanto tempo, negli attimi della felicità senza nome.