E' propripo vero che il destino fa fuoco con la legna che c'è. Non importa dove e la quantità. Quella è, e il destino si va a nascondere nei segreti, tra il muschio e quel che trova. Per fare i conti con le cose normali ci vuole un falò e quando si ha un fiammifero spento davanti alla terra bruciata intorno a noi, bisogna capire che la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a essere solamente se stesso e non gli altri. O solo gli altri. Il resto del tempo è condannato ad aspettare o a ricordare, senza che uno sia nè triste e nè felice. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana. Lontanissima. E non tornerà più. Tornerà solo da ogni cosa che ha in comune. Se poi un bel giorno, su un bus o su un treno, la felicità ti assale e quel fiammifero spento davanti alla terra bruciata si accende all'improvviso, è la vita che ti frega per sempre quando pensi di avere l'anima congelata in qualche freezer dimenticato. E cosa succede? Dentro di te si semina un odore, un immagine, un suono, un frammento che non se ne va più. E quella si chiama felicità. Queste sensazioni ti entrano negli occhi e sarai sempre un marinaio che davanti al mare, sulla strada asfaltata, a migliaia di chilomtri, su un tuk tuk, sentirai ogni mattina quell'odore, di notte quel suono, nei crepuscoli quell'immagine. E se andrete dagli indovini vi diranno le stesse cose, vi diranno che il vostro destino è diventato un sentiero, un cammino. L'emozione più grande? Quella di consegnarsi al destino come un ladro che ha rubato la felicità per tanto tempo, negli attimi della felicità senza nome.
domenica 4 luglio 2010
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