lunedì 20 dicembre 2010

Web, buone idee e affari

BRESCIA - Una notte all' insegna dell' innovazione e del fare impresa, con progetti orientati al futuro e alle nuove tecnologie. E promossi da una schiera di nuovi imprenditori under 30. È la «Start up night» che mercoledì sera ha riunito a Brescia oltre 200 giovani imprenditori. Con tante idee nuove nella testa. E un progetto e un business plan rinchiusi in una pen drive. L' evento, unico nel suo genere, è il stato promosso da Massimo Sgrelli, il fondatore della Wave Group, che crede fortemente nell' incontro tra il business e le idee, laddove si facilitano gli incontri tra possibili partner, collaboratori, venture capitalist e giovani risorse, così da condividere un progetto vincente.

http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/17/Web_buone_idee_affari_co_7_101217041.shtml

mercoledì 8 dicembre 2010

Sous le Ciel de Paris



An education - Juliette Greco's "Sous le Ciel de Paris"

"Mi chiamo Juliette Gréco. Sono nata il 7 febbraio e mia madre mi ha detto che quel giorno pioveva, e la pioggia favorisce la crescita di tutte le piante, anche quelle più velenose. Sono stata in prigione a Fresnes, condotta direttamente dal convento alla cella 325 con altre tre ragazze che mi avevano svelato ciò che ignoravo della vita. Quando uscii di prigione andai a trovare la mia maestra di francese: Heléne Duc che era stata commediante e fu in grado di capire il mio amore per il teatro. Mi iscrissi ai corsi di teatro di Jean-Louis Barrault, Solange Sicard e Pierre Dux. A quel tempo alloggiavo in una pensione familiare abitata da studenti, da gente di teatro e da Monsier O'Brady, che desiderava che io cantassi; possedeva un vecchio pianoforte scordato con il quale ho appreso l'amore per la musica. Nel 1950, cantai al 'Le Boeuf sur le toit' per cinque giorni. Mi accompagnava al pianoforte Jean Wiéner. Dopo cantai a 'L'Antipoli' di Juan-les-Pins, con Claude Luter. Infine al 'Rose rouge'. Poi cantai in tutto il mondo.

Sono andata in Brasile dove mi sono innamorata della musica brasiliana e lo sono tuttora. Ho recitato in teatro e ho fatto anche del cinema. Esperienza interessante quest'ultima, strana, profonda. Ho girato 'Reine des Baccantes' per 'l'Orphéè' di Jean Cocteau e partecipato a numerosi film con registi come John Huston o Richard Fleischer, e ho avuto colleghi come Orson Welles, Trevor Howard, Tyron Power ed Erroll Flynn. Oggi mi ritrovo ricca d'amore, di vita e di memorie. Continuo a fare ciò che posso nel mio piccolo cammino, come una capra che si arrampica lungo un pendio roccioso ma fiorito.”


Tributo a Juliette e al film

Viaggio a Zingonia, la «città ideale», tra cumuli di rifiuti e spaccio a cielo aperto

BERGAMO - Ci sono i rimasugli dell’ultima neve ammucchiati insieme all'immondizia agli angoli della piazza del «Siluro», così chiamata per un surreale obelisco stilizzato che svetta al centro dell’aiuola spartitraffico, che ora altra neve provvederà a ricoprire. E' su questa piazza, e sulle aree limitrofe, che negli anni 60' era nata l'utopia di una città ideale chiamata Zingonia, spuntata dal nulla in mezzo alla campagna bergamasca con lo scopo di coniugare residenza e lavoro ai tempi del boom economico. Ma non si può certo dire che le premesse si siano realizzate. Questa banlieue di casa nostra oggi non è altro che un'area abitativa di 4,5 km quadrati su cui si concentrano qualcosa come 33mila abitanti. Insomma, un ghetto di sei torri - paragonabile a Scampia o al Corviale, "il serpentone" sorto negli anni ' 70 alla periferia di Roma -, che vengono chiamati i «missili» nel Comune di Ciserano. I palazzi Athena e Anna, sono il fulcro di questa isola del degrado, dove i rastrellamenti sono all'ordine del giorno e si contano almeno due pattuglie fisse che monitorano il territorio.

http://www.corriere.it/cronache/10_dicembre_01/zingonia-citta-ideale_ab80b9dc-fd31-11df-a940-00144f02aabc.shtml

http://www.corriere.it/gallery/cronache/12-2010/zingronia/1/viaggio-missili-zingonia_0b809c98-fd38-11df-a940-00144f02aabc.shtml#1

lunedì 29 novembre 2010

L'emozione dell'architettura


Rovereto, Mario Botta al Mart - Copyright 2010 © Ambra Craighero


Gli occhiali tondi sono sempre gli stessi, così come i capelli: stessi ricci; né corti né lunghi, appoggiati alle spalle con un contrappunto che è un inno alla praticità, mentre il profilo è discreto,di stampo calvinista, un po’ retrò. da sempre, la missione di Mario Botta è di ricercare la bellezza fin dall’intuizione, per poi generarla in pensiero e condurla come uno schizzo infinito fino alla fine di ogni progetto, che si tratti di una chiesa avveniristica o di un grande progetto residenziale.

Intervista e immagini, portfolio con Mario Botta "Ville e Casali" 12/12/2010


http://docs.google.com/viewer?a=v&pid=gmail&attid=0.1&thid=12c3113fe67020f7&mt=application/pdf&url=http://mail.google.com/mail/?ui%3D2%26ik%3D5a486852de%26view%3Datt%26th%3D12c3113fe67020f7%26attid%3D0.1%26disp%3Dattd%26realattid%3Df_ggavz2zv0%26zw&sig=AHIEtbQOw85NFHrT02fuJ5gES2sUQDRrzQ

Start up Week end




Idee e progeetti. Reportage per Glamour nr.12/12/2010

http://docs.google.com/viewer?a=v&pid=gmail&attid=0.1.1&thid=12c83e2c660d7f1b&mt=application/pdf&url=http://mail.google.com/mail/?ui%3D2%26ik%3D5a486852de%26view%3Datt%26th%3D12c83e2c660d7f1b%26attid%3D0.1.1%26disp%3Dattd%26zw&sig=AHIEtbToxTS6CNFQJ4miQprPO0Ema9mbBA&pli=1

lunedì 22 novembre 2010

Clandestini nel silenzio del cinema (e nella vita)



Clandestini nel cinema? Nella vita e in amore? Io clandestina lo sarò sempre...per sperimentare me stessa, mettermi in discussione. Kim Ki Duk ci insegna - o invita - a diffidare di chi non approda alla vita attraverso la faticosa riscoperta di se stesso. Se poi ciò,si esprime, grazie anche all'esempio del regista coreano, apatico ad ogni forma di conformismo, possiamo tirare un sospiro di sollievo. Prendete nota: Kim è approdato al cinema dopo essere stato per cinque anni sottufficiale dell’esercito del suo paese, per due “seminarista” in un tempio riservato ai non vedenti (lui è vedente), per altri due studente di belle arti e artista squattrinato a Parigi. Vi prego, non chiamatela teoria da salotti letterari, ma esperienza di vita sublimata dalla formazione acquisita lontana dai circoli del sapere fini a se stessi. Che noia! Scusate,senza ipocrisie,la vita è fuori.E'sulle strade. E' nelle esperienze controvento. E' nel saper dire al proprio figlio : "Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Se hai un sogno tu lo devi proteggere. Quando le persone non sanno fare qualcosa lo dicono a te che non la sai fare. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila.Punto". Se Kim è autodidatta nella vita, lo è nel cinema. Riempio i miei silenzi (e taccuini) con i suoi fotogrammi. Osservo i punti cardinali delle costruzioni geometriche delle sue ombre imperfette che combaciano e misuro con il palmo della mano le simmetrie delle stesse. Come sono leggere le ombre, mentre la bilancia è lo sciacallo implacabile del peso dei corpi. Si potrà notare la costante presenza dell'acqua nei suoi film, ed è per chi nella vita è al 95% composto dall'acqua e al 5% dalle nuvole. E' per chi ha milioni di anni come gli oceani e scava in profondità della sua accettazione ( negli altri)?Che dire della musica con accenti arabeggianti?? O di quelle case galleggianti sospese nel nulla...Per me è tutta una lezione...

martedì 9 novembre 2010

Quando il gioco si trasforma in ludopatia

MILANO - «Mi alzo alla mattina e il primo pensiero è quello di andare a giocare alle slot machine. Per me sono meglio di una donna. Quando sento la musica e il rumore dei soldi mentre entrano nel ventre dell’apparecchio, già so se vincerò oppure no. È il gesto a sedurmi, non la vincita. Sono qui per guarire, ma non so se guarirò, non posso garantirlo. È troppo forte il richiamo. È come un orgasmo». È Carlo a raccontare la sua storia, un uomo di straordinaria intelligenza: pacato, solerte, lucido e critico, durante una terapia di gruppo. Le scarpe le ha lasciate fuori dall’aula di ascolto insieme alle altre dei ludopatici che hanno deciso di provare a smettere. Una volta per tutte.

http://www.corriere.it/cronache/10_novembre_08/ludopatia-craighero_040ceaec-eb78-11df-bbbd-00144f02aabc.shtml

http://www.corriere.it/cronache/10_novembre_08/ludopatia-casavilla-cornaredo-craighero_5ed5af9c-eb7b-11df-bbbd-00144f02aabc.shtml

http://www.corriere.it/gallery/cronache/11-2010/ludopatia/1/ludopatia-reportage_f8ec24de-eb77-11df-bbbd-00144f02aabc.shtml#14

I colori dell'anima



"Dipingerò i tuoi occhi...ma prima devo conoscere la tua anima per dipingerli"

Amedeo Modigliani,Modì

Osservo sempre i giochi di linee dei volti, dei corpi, la simmetria o asimmetria delle proporzioni. Il colore degli occhi di un uomo spesso sono l'essenza di occhi mai veramente aperti, né chiusi. E quando sembrano privi di pupille dicono NO, senza parole. Quello che veramente ami non ti sarà mai strappato.


lunedì 8 novembre 2010

Su la testa



















Copyright
2010 © Ambra Craighero

Aldo Drudi, il designer di Valentino Rossi. Ecco come è nato uno stile. Drudi: «Ho cominciato con suo padre Graziano. Poi il genio di Valentino l’ho tradotto in fantasia».

RICCIONE – Quando ancora doveva nascere la leggenda di Valentino Rossi, in Italia c’erano i grandi: Giacomo Agostini e il suo acerrimo rivale – romagnolo - Renzo Pasolini. Facevano parte di quella mitologia sociologica che ha tatuato sulla pelle i piloti in bianco e nero così come la tv. I caschi erano a scodella come gli indimenticabili occhialoni. Altri tempi. Aldo Drudi, che allora era un ragazzino, non poteva certo lontanamente immaginare che sarebbe diventato dopo trent’anni «il re dei caschi e delle carene». Insieme ad altri coetanei passava però già interi pomeriggi aggrappato alle reti di Misano - il circuito di casa – con due passioni: le motociclette e la grafica.E se nessun pilota a quei tempi pensava allo star system, figurarsi Aldo, che dopo aver frequentato la Scuola d’arte sperimentale di Pesaro si era affidato ai sogni e ai cilindri, pur di colorare il suo mondo onirico e rombante. La prima cavia? La sua moto: una Yamaha bicilindrica con livrea gialla, ridipinta color azzurro cielo.Non si può certo dire che il destino si sia nascosto tra le nuvole di quel cielo: dopo essersi iscritto all’Accademia di Firenze conosce a Urbino, in una discoteca, il suo idolo di gioventù Graziano Rossi, quello che oggi è conosciuto come il padre di Valentino Rossi, ma che è stato a sua volta pilota capace di far parlare di sé, per la stravaganza, i capelli lunghi e quell’accenno di follia alla Steve McQueen, unito ad grande talento per la guida -. «Graziano – spiega Drudi -, come Valentino è stato il precursore della comunicazione nel motociclismo. Amava i colori e la creatività. Aveva, come Valentino, l’idea di una cura maniacale per l’espressione della personalità di un pilota attraverso il disegno. Ci lega, in particolare, la prima tuta a righe bianche e rosse, e il primo prototipo di casco con disegnato un arcobaleno e un castello».


lettura su Max,Ottobre/2010 pg.108,109,110,111



Teatro oltre i confini

di Ambra Craighero, swissinfo.ch


«Terra e Laghi» è una manifestazione itinerante giunta alla quarta edizione con un programma che coinvolge comuni italiani e svizzeri della zona insubrica. Il progetto artistico Teatro Blu ne è parte integrante.

Un ponte tra le culture che annulla qualsiasi barriera a livello di interscambi umani e culturali, superando ogni frontiera politica, geografica e di comunicazione. È grazie al Teatro Blu – nato nel 1989 a Brescia da un gruppo di lavoro e dall’incontro tra Silvia Priori e Daniele Finzi Pasca, direttore artistico del Teatro Sunil di Lugano – che è germogliata l'idea. Il concetto è chiaro: sfruttare il teatro a carattere itinerante come strumento di creazione e sviluppo di una collaborazione artistica culturale tra Italia e Svizzera, per valorizzare un continuo l’interscambio di mobilità fra gli artisti, la popolazione, le realtà appartenenti ai territori di confine, unitamente ad un dialogo che porti il teatro verso la gente e la gente verso il teatro.

http://www.swissinfo.ch/ita/cultura/Teatro_oltre_i_confini.html?cid=28629270


giovedì 21 ottobre 2010

Francesco Nuti



Francesco Nuti ha attraversato la mia adolescenza con i suoi ricci e la sua dolcezza. Nel film c'è una giovanissima Isabella Ferrari che poi, in tema, sarebbe diventata una bellissima mamma di quattro figli. Quella vernice azzurra ancora oggi me la ricordo, così come quell'appartamento di Piazza del Carmine a Milano dove è stato girato il film.


Survivors


Mi viene più facile scrivere.Vivere è tutt'altra cosa, ed è decisamente più difficile. Così come è facile passeggiare continuamente sulle illusioni o disillusioni proprie e altrui. Non vorrei essere fraintesa: adoro la vita, ne sento il flusso ogni giorno, secondo; mi piace camminare a piedi nudi sul muschio umido possibilmente senza dissidi interiori. Ho ancora voglia di rivisitare le 32 contee irlandesi con lo zaino in spalla come quando leggevo William ButlerYeats a Drumcliff, nella contea di Sligo,nell'ovest. Già mi immagino la torba e i colori dell'inverno e quel mare di Limerick carico di storie che hanno accompagnato gli emigranti diretti in America a cercar fortuna, mentre molti di loro sono tornati indietro con i sogni e il paddy in tasca. Lo racconta straordinariamente bene Frank McCourt che ha davvero avuto tre vite. L’auto­re di Le ceneri di Angela aveva cominciato la sua prima vita nel 1930 a Brooklyn, figlio di immigrati poverissi­mi che quattro anni dopo erano ritornati a Lime­rick, terra d’origine dei McCourt. Quel­la vita fu a dir poco dickensiana,da sopravvissuto per mi­racolo alla povertà. Poi il ritorno negli Stati Uniti, i lavori occasio­nali, il servizio militare e infine, grazie alla bor­sa di studio da reduce, la laurea in lettere e l’ini­zio della seconda vita. Quella di insegnante nelle scuole pubbliche di New York, come il liceo Stuyvesant dei disadattati. Di sicuro uno così suonava l'armonica. Per poi arrivare alla terza vita, quella da pensionato 66enne, sposato con la terza moglie che lo ha finalmente incoraggiato a « camminare a piedi nudi sui prati della Grande Mela pensando alla sua Irlanda» per dedicarsi solamente alla vita di scrittore. E le stelle hanno iniziato a suonare l'arpa. Nel 1996 il suo primo libro Le ceneri di Angela, diventa un fenomeno editoriale senza precedenti: vince il Pulitzer e il National Book Critic. Un inno per i sopravvissuti d'altri tempi. Ora,mi chiedo, chi oggi non è meteforicamente un sopravvissuto? Viaggiando se ne incontrano tanti. Anche da pendolare. Con in testa - e nel cuore - le steppe russe, le montagne mongole e la transiberiana che ogni tanto di notte si riaffaccia davanti ai miei occhi, mi viene spontaneo pensare agli sciamani che viaggiano sui treni in terza classe, mentre bevono il caffè nero. Nuvole di vapore e valige di cartone senza nome. Ho incontrato molti temerari, ancora ne incontrerò. Da cosa fuggo, almeno con la mente? Dalla mancanza di limpidezza.Certi cieli limpidi dovrebbero essere come le persone ( e le panchine blu). Invece l'animo umano è così torbido che mi vien voglia di salire su una vecchia e arrugginita vespa per sentire l'odore del mare, percorrendo Dublin Bay controvento.La vita è sempre una questione di silenzi, non di parole.








mercoledì 20 ottobre 2010

Inno a John Keats

Ci siamo rapiti? Con i paesaggi, i versi dei poeti declamati ad alta voce,le distese sconfinate di lavanda che coltiveremo?La poesia è come si guarda il mondo, i bambini,il cielo, la vita,senza farsi troppo vedere. Lei, ha paura a scoprire tutte le sue carte ..e allora fugge via...perchè non resta senza pelle. Crisalidi e farfalle, farfalle e crisalidi.Forse saremo dei crisalidi infiniti senza mai diventare farfalle, perchè le farfalle volaranno dentro di noi.

«Non sono certo di nulla tranne che della santità degli affetti del cuore, e della verità dell’immaginazione.Quel che l’immaginazione percepisce come bellezza deve essere vero,sia o no esistito prima,poiché secondo me tutte le nostre passioni sono come l’amore: tutte, se intensamente sublimi, sono creatrici di bellezza pura». John Keats

«Una bella cosa è una gioia per sempre:la sua bellezza aumenta e mai
sparirà nel nulla». John Keats

«Fulgida stella, fossi fermo come tu lo sei ma non in solitario splendore sospeso alto nella notte, a vegliare, con le palpebre rimosse in eterno, come paziente di natura, insonne eremita, le mobili acque al loro dovere sacerdotale di puro lavacro intorno a rive umane, oppure guardare la nuova maschera dolcemente caduta della neve sopra i monti e le pianure. No – pure sempre fermo, sempre senza mutamento, vorrei riposare sul guanciale del puro seno del mio amore, sentirne per sempre la discesa dolce dell’onda e il sollevarsi,
sempre desto in una dolce inquietudine a udire sempre, sempre il suo respiro attenuato,e così vivere in eterno – o se no venir meno nella morte».


domenica 17 ottobre 2010

Il genio creativo di Mario Botta in mostra al Mart


A otto anni dalla sua inaugurazione, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (Mart) rende omaggio al suo creatore, con una mostra che ripercorre la carriera di Mario Botta. Una carrellata di sessanta progetti, tra chiese avveniristiche, case unifamiliari ed edifici pubblici.

A Rovereto Mario Botta è riuscito a tirar fuori dal cilindro una delle opere più geniali della sua carriera, il Mart, un museo, o meglio, un "laboratorio dell'arte e delle idee", come è stato definito dallo stesso architetto ticinese al momento della sua inaugurazione, nel dicembre 2002.

swissinfo.ch: Ci racconta un po’ le sensazioni che ha provato durante gli allestimenti di questa mostra che riassume una vita?

Mario Botta: Una mostra d’architettura rappresenta qualcosa che non c’è, perché l’architettura è fuori dal museo: è nelle strade, nelle piazze, nelle città. Tuttavia, sono felicissimo di questa grande opportunità che mi è stata concessa. Si tratta di un viaggio a ritroso, dentro me stesso, con prologo e appendice dei miei pensieri tramutati in realtà tangibile. Mi fa effetto pensare che sono trascorsi cinquant’anni dal primo lavoro, quando ero un giovane apprendista «di bottega» (Cappella di Genestrerio e casa unifamiliare di Morbio Superiore in Svizzera nel 1959, ndr). Ho ancora lo stesso entusiasmo di quando mi laureai a Venezia con i relatori Carlo Scarpa (suo grande maestro dal '64 al '69, ndr) e Giuseppe Mazzariol. Poco più tardi iniziai a forgiare la mia disciplina interiore facendo vita «da artigiano»: tre mesi con Le Corbusier e poi con Louis Kahn. Devo dire che scavando in profondità mi sono accorto di rincorrere sempre la stessa ossessione: la ricerca di una forma alla cui definizione concorrono, insieme, il rigore delle geometrie, i materiali, il modo nel quale la luce scandisce i volumi. Anche se, ancora oggi, davanti a tutto quel che vedo sono ancor più disarmato dal mistero del processo creativo.

http://www.swissinfo.ch/ita/swissinfo/Il_genio_creativo_di_Mario_Botta_in_mostra_al_Mart.html?cid=28424226

venerdì 1 ottobre 2010

Tribute to Steve Mccurry




Il genio di Mario Botta

Rovereto, Mario Botta al Mart - Copyright 2010 © Ambra Craighero

Rovereto, Mario Botta al Mart - Copyright 2010 © Ambra Craighero


Rovereto, Mario Botta al Mart - Copyright 2010 © Ambra Craighero

giovedì 16 settembre 2010

Dialogue avec jardinier

Vorrei un uomo di quelli che non ci sono più. Di quelli che arrivano ad un appuntamento con un pomodoro. Chiedo venia, ma forse, non mi è andata così male. Una volta mi è successo che un gentlemen mi ha regalato due carciofi alla stazione di Porta Garibaldi a Milano.L'ho amato con tutta me stessa e non l'ho mai dimenticato: lui e il gesto. Dicevo, un uomo che raccoglie dal suo orto il seme della sua fatica e devozione per regalarlo, è qualcosa di magnifico; elogio all'orto e alla sua fenomenologia. Mi mancano i gesti semplici. Sono circondata da avidità, grettezza. Dal tutto è dovuto o quasi. Mancano i modi, le parole.Forse. E non sono i soldi a fare la differenza. Sono i gesti. E i gesti quando sono veri, parlano da soli. Fatico a sopportare le realtà atemporali, dove le metropoli e le provincie sembrano due stereotipi lontani e forzati: troppo semplicistica la visione del mondo attraverso solo tangenziali trafficate o formicai urbani, contrapposti alla campagna rigenerante e salutare. Mi chiedo perchè correre inutilmente, quando l’approccio naturale alla vita è fatto di piccole cose e riti quotidiani, di un mondo dove la ripetizione è vissuta come valore e non come noia?

E' stato di grande insegnamento Renée, la portinaia francese del bellissimo libro L' eleganza del riccio:


«Mi chiamo Renée, ho 54 anni e sono la portinaia del numero 7 della rue de Grenelle, un palazzo borghese. Sono vedova, piccola, brutta, grassottella, ho le cipolle ai piedi e, certe mattine in cui proprio non mi piaccio, ho un alito di mammut». Eppure la portinaia colta di Muriel Barbery, piacerà molto a Paloma, 11 anni, la figlia dei borghesissimi signori Josse (lui ministro, lei depressa, una sorella insopportabile), adolescente con istinti suicidi. E non poteva essere diversamente quando le vite sono già scritte. Paloma ha il calendario segnato: cento giorni di tempo per uccidersi, ma riuscirà a dire: «se la vita è assurda, riuscire brillantemente ha lo stesso valore che fallire» . La sua tregua sarà il segreto di Madame Renée: dietro a una portinaia si cela l' eleganza di un' intellettuale con una biblioteca al posto delle zuppe di cavoli e delle facili convenzioni.


domenica 12 settembre 2010

Central do Brasil




1998 Cinema Anteo, Milano. Con Lidia

venerdì 3 settembre 2010

Tanta Svizzera alla Biennale di Venezia

È sotto la stella di Kazuyo Sejima, la prima donna a dirigere la Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, che si è aperta un’edizione – la dodicesima – orientata a indagare il tempo e lo spazio presente come specchio di quanto l’architettura può costruire come arte. La chiave di lettura di questa grande kermesse è infatti proprio l’utilizzo di un linguaggio basato sulle emozioni suscitate da ambienti diversi.


È sotto la stella di Kazuyo Sejima, la prima donna a dirigere la Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, che si è aperta un’edizione – la dodicesima – orientata a indagare il tempo e lo spazio presente come specchio di quanto l’architettura può costruire come arte. La chiave di lettura di questa grande kermesse è infatti proprio l’utilizzo di un linguaggio basato sulle emozioni suscitate da ambienti diversi.

Ecco perché Kazuyo Sejima – vincitrice del Pritzker Prize 2010 – ha fortemente voluto un confronto sulle possibilità dell’architettura, focalizzandosi sulle relazioni tra le persone e lo spazio. Lo spettatore è dunque parte integrante di un ingranaggio, e non un osservatore passivo alla ricerca di risposte. Insomma: un cammino che è un soffermarsi piuttosto che un correre, in cerca di un futuro il più possibile a misura d’uomo.

Il percorso espositivo People Meet in Architecture (le persone si incontrano nell'architettura) si snoda tra le 46 nazioni partecipanti, passando da architetti, ingegneri e artisti provenienti da tutto il mondo.

http://www.swissinfo.ch/ita/cultura/Tanta_Svizzera_alla_Biennale_di_Venezia_.html?cid=28260114



martedì 24 agosto 2010

Giacometti e Cartier, ritornerò in rue d'Alesia




Giacometti, ritratto sotto la pioggia nel 1961 sotto l'obiettivo di Cartier mentre l'artista attraversava Rue d'Alesia a Parigi. Sono andata su quel marciapiede almeno tre o quattro volte nella mia vita a pochi passi dal cimitero di Montparnasse sulla riva sinistra della Senna al XIV arrondissement. Anche se avevo poco tempo, non ha mai piovuto. Tranne una volta che c'erano le nuvole. Un'ossessione, questa, confesso, che ho sempre con me come una vena aperta. Ho studiato a lungo Cartier Bresson e Alberto Giacometti, prima con il piglio accademico, in seguito per conto mio tra i filari di grano prendendo appunti su quell'ansia che Giacometti aveva di cambiare posto a se stesso come alle sculture e ai quadri.Alberto Giacometti che attraversa sotto la pioggia in rue d'Alesia, a pochi metri dal suo studio di rue Hippolyte Maindron 46, dove era stato almeno un'ora al cafe' Mouffetard a mangiare uova sode, caffe' e sigarette. A quei tempi non c'erano i moiti. L'artista svizzero era un tabagista incallito, spesso inghiottito dal fumo come dalla solitudine.Dava l'idea di essere più un cane che un uomo. Come il cane di se stesso, quello che ringhia in silenzio o che guarda il mondo senza muovere la coda. Lui, che ha scolpito la storia dell'arte con la faccia sporca e quell'andatura sgangherata che va di traverso, che non raccatta perche' ha imparato a non scodinzolare, che attraversa un boulevard senza farsi travolgere dal traffico ma che sa, per intuito, che gli potrebbe capitare un disastro da un momento all'altro. Giacometti attraversa Rue d'Alesia allo stesso modo del cane da lui ritratto in quella celebre scultura. Questa somiglianza è qualcosa di torbido e meravigliso. Qualcosa di irrisolto. Qualcosa che l'arte stessa non sa spiegare. Che va oltre. Ecco perchè non si ripara dalla pioggia. Ecco perchè l'ombrello non serve a tutti. Giacometti non si pone il problema: prende sempre tutta l'acqua di Parigi, perchè è nato bagnato. E Cartier, quel diavolo di un Cartier cosa fa? Lo acchiappa quando e' bagnato da strizzare, quando ha la testa arruffata dentro il collo, con quei capelli che scappano dalla testa, dentro il bavero dell'impermeabile sfilacciato. Bresson lo fotografa con la Leica vicino al ventre, là dove si mangia. Mica poco. Si nasconde, come nasconde la leica con lo scotch nero per renderla invisibile. Il suo punto di fuga è più vicino alla terra che al cielo. Poi, quando stampa, il cielo toglie i centimetri alla terra e la fotografia mette i tacchi a spillo. Devo tornare. E questa volta, aspetterò la pioggia.

lunedì 16 agosto 2010

Fado, Amalia Rodrigues



Lisbona, Alfama 2006
Indimenticabile Amalia. Fado di Coimbra.

sabato 14 agosto 2010

Herzog e Messner nel Gasherbrum





Indimenticabile

venerdì 13 agosto 2010

Abissi



Conosco i tuoi abissi. Li guardo soltanto. Li tengo per me. Forse, dico forse, una coccinella passerà tra le tue dita e le mie per farvi ritorno.

Una specie di cinghiale laureato in matematica



Una specie di cinghiale laureato in matematica. Fabrizio, sempre innamorata delle vecchie mulattiere di mare e delle ombre che si stancano di seguirmi. Se poi il Diavolo in cielo ha fatto il nido, non sarò l'unica a volare vicino alle colombe bianche e agli uomini che preferiscono dormire in terra. Amo senza pretendere di insegnare a vivere a nessuno,tutt'al più posso dire che una cosa è una cosa e un'altra è un'altra. E non sarà un caso se le nostre teste si toccheranno nell'acqua e se cammineremo paralleli, ci penserà la pioggia a bagnarci. Io e te abbiamo lo stesso ombrello bucato e le nuvole sono così basse da leccarci le gocce della pioggia e del sudore.

domenica 1 agosto 2010

Vuoi lavare i denti?






sabato 31 luglio 2010

Aldo Drudi: io che coloro la testa a Vale Rossi

RICCIONE - Il performer romagnolo ha frequentato la Scuola d’arte sperimentale di Pesaro dopo la metà degli anni Sessanta, prima di iscriversi all’Accademia di Firenze, alternando le prime infarinature della grafica alla grande passione per le motociclette e correndo con la vita e le speranze per inseguire i sogni e Barry Sheene, il pilota inglese che è passato alla storia per essere stato soprannominato «Iron Man» o «Uomo d'acciaio», per via delle numerose viti che aveva in corpo. Ed è, tra una sgommata e l’altra, che a Urbino Aldo conosce in una discoteca Graziano Rossi, - quello che oggi è conosciuto come il padre di Valentino Rossi, ma che è stato a sua volta pilota capace di far parlare di sé, per la stravaganza, i capelli lunghi e con quell’accenno di barba unito ad grande talento per la guida. Il tutto in un mondo che era genuino e che non sapeva che cosa fosse lo star system.

http://www.corriere.it/sport/10_luglio_30/desiner_valentino_506057c2-9bfe-11df-8a43-00144f02aabe.shtml

http://www.corriere.it/gallery/sport/07-2010/drudi/1/creativo-vale-rossi_f104d25c-9bfe-11df-8a43-00144f02aabe.shtml#1

venerdì 30 luglio 2010

The drifter

domenica 25 luglio 2010

Alessandro Bergonzoni

Caro Duse, ti scrivo”. Comincia in forma di epistola il messaggio video che Alessandro Bergonzoni lascia al teatro di via Cartoleria nella serata organizzata per scongiurarne la chiusura dopo la cancellazione dell' Ente Teatrale Italiano. “Non mi interessa la speranza – continua -. La speranza è l’ultima a morire, voglio sapere chi è il primo a rinascere".



Messaggio di Alessandro Bergonzoni al Teatro Duse di Bologna

giovedì 15 luglio 2010

Walter Zenga, lo zingaro

CASTELROTTO (BZ) – L’ «uomo ragno» o «Mazenga» - questi erano i soprannomi di Walter Zenga quando giocava nell’Inter e venne proclamato miglior portiere del mondo nel 1989, nel 1990 e nel 1991 – è diventato zingaro. Una specie di Forrest Gump che non ha ancora finito di correre: con la vita, con il calcio, con le lingue (parla l’inglese, il rumeno, il turco, lo spagnolo, il serbo e ogni giorno si annota una decina di parole in arabo per «entrare nella testa dei giocatori») con le tre mogli (Elvira Carfagna, Roberta Termali e l’ultima la poliglotta ventottenne rumena Raluca Rebedea) e i quattro figli (Jacopo nato da Elvira Carfagna e giovane attaccante di talento, Nicolò e Andrea nati rispettivamente dalla conduttrice tv Roberta Termali e Samira, l’ultima figlia di otto mesi avuta dall’ultima moglie) e quella valigia pronta che lo ha portato in giro per il mondo ad allenare i New England Revolution (negli Stati Uniti d’America 1998 -1999), il Brera a Milano ( in serie D nel 2000-2001), il National Bucarest in Romania (dal 2002 al 2003), la Stella Rossa di Belgrado (2005-2006), il Gaziantepspor ( 2006-2007) in Turchia, l’Al Ain negli Emirati Arabi tre anni fa, prima di approdare al Catania e al Palermo, per poi quest’anno fare ritorno negli Emirati Arabi con l’Al Nasr. Sfida, quest’ultima, che in questi giorni lo ha portato dritto sull’Altipiano dello Scilliar, per il ritiro pre-campionato.

http://www.corriere.it/sport/10_luglio_14/zenga-ritiro_d587f3ae-8f5d-11df-9bdb-00144f02aabe.shtml?fr=correlati

http://www.corriere.it/gallery/sport/07-2010/ritiro/1/ritiro-squadra-araba_f9dbb380-8f5d-11df-9bdb-00144f02aabe.shtml#1

Il calcio d'Arabia

KASTELRUTH (Bolzano) E’ amore a prima vista tra l’Alto Adige e gli arabi. Ma cosa potrebbe unire Riyād all’Alpe di Siusi? E il cumino al canederlo? La risposta è il calcio. E con esso l’ex portiere interista e della nazionale, Walter Zenga. Il suo curriculum e il suo temperamento hanno convinto il principe Faycal Ben Turki Al Saoud, che gestisce diverse squadre sportive leader negli Emirati Arabi, ad affidargli il timone di uno dei club più famosi di quel Paese, l’Al Nassr. E la squadra, capitanata dal tecnico italiano - che già nel 2007 aveva allenato una squadra araba, ovvero l’Al Ain, prima di tornare nella serie A italiana prima con il Catanaia e poi con il Palermo – ha deciso di stabilire per quattro settimane, dal 6 luglio al 6 agosto prossimi, il proprio quartier generale a Castelrotto.

http://www.corriere.it/sport/10_luglio_14/ritiro-trentino-arabia_3ec17b6c-8f5c-11df-9bdb-00144f02aabe.shtml

mercoledì 14 luglio 2010

Intervista a Renato Martinoni

Ugo Foscolo, Francesco De Sanctis, Piero Chiara, Vittorio Sereni o Leonardo Sciascia, solo per citarne alcuni. Oltre a figurare tra i nomi più illustri della cultura italiana condividono ancora qualcosa d'altro: hanno trascorso parte della loro vita in Svizzera. Attratti dalla realtà e dal paesaggio elvetico o spesso costretti a trovarvi rifugio, questi autori hanno dato nel corso dei secoli un loro contributo per costruire un ponte tra Svizzera e Italia.

Con il suo volume, Renato Martinoni cerca di ispezionare e cucire quella sottile cerniera culturale che lega i due paesi, analizzando non solo i punti in comune, ma anche le frontiere e le incomprensioni che hanno separato e continuano a separare l'Italia della Svizzera. "Non credo di sbagliarmi quando dico che la Svizzera conosce meglio l’Italia di quanto l’Italia conosca la Svizzera”, scrive Renato Martinoni, titolare di una cattedra di letteratura italiana all'Università di San Gallo.

http://www.swissinfo.ch/ita/cultura/Alla_ricerca_dellitalianita_in_terra_elvetica.html?cid=15425762

mercoledì 7 luglio 2010

In vacanza con Del Piero e la Juve


PINZOLO (TN) - Da cinque anni la Val Rendena è meta bianconera, ma da almeno un trentennio è terra di ritiri pre-campionato e prima della Juventus ha ospitato tutte le big di serie A e numerose formazioni straniere. È fin dal 1976 che questa località incastonata tra il Parco dell’Adamello e il gruppo del Brenta ha sposato il calcio con le prime sgambettate del Milan (1982), della Fiorentina, del Torino, della Roma, dell’Inter (nel 1994) per poi suggellare un matrimonio con la Vecchia Signora che fino al prossimo 18 luglio cercherà di caricare le batterie sotto all’ombra delle Dolomiti.




http://www.corriere.it/sport/10_luglio_06/vacanza-juve-pinzolo_c5316742-890e-11df-9548-00144f02aabe.shtml

http://www.corriere.it/sport/10_luglio_06/pinzolo-mario-amendola_09b32e9a-8910-11df-9548-00144f02aabe.shtml

http://www.corriere.it/gallery/sport/07-2010/juve/1/tifo-fuori-campo_eadfa18c-8915-11df-9548-00144f02aabe.shtml#1

domenica 4 luglio 2010

Il destino e la legna

E' propripo vero che il destino fa fuoco con la legna che c'è. Non importa dove e la quantità. Quella è, e il destino si va a nascondere nei segreti, tra il muschio e quel che trova. Per fare i conti con le cose normali ci vuole un falò e quando si ha un fiammifero spento davanti alla terra bruciata intorno a noi, bisogna capire che la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a essere solamente se stesso e non gli altri. O solo gli altri. Il resto del tempo è condannato ad aspettare o a ricordare, senza che uno sia nè triste e nè felice. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana. Lontanissima. E non tornerà più. Tornerà solo da ogni cosa che ha in comune. Se poi un bel giorno, su un bus o su un treno, la felicità ti assale e quel fiammifero spento davanti alla terra bruciata si accende all'improvviso, è la vita che ti frega per sempre quando pensi di avere l'anima congelata in qualche freezer dimenticato. E cosa succede? Dentro di te si semina un odore, un immagine, un suono, un frammento che non se ne va più. E quella si chiama felicità. Queste sensazioni ti entrano negli occhi e sarai sempre un marinaio che davanti al mare, sulla strada asfaltata, a migliaia di chilomtri, su un tuk tuk, sentirai ogni mattina quell'odore, di notte quel suono, nei crepuscoli quell'immagine. E se andrete dagli indovini vi diranno le stesse cose, vi diranno che il vostro destino è diventato un sentiero, un cammino. L'emozione più grande? Quella di consegnarsi al destino come un ladro che ha rubato la felicità per tanto tempo, negli attimi della felicità senza nome.

sabato 3 luglio 2010

Deserti

C'è chi mi ha insegnato la cosa più importante di tutte:a sorridere quando si sta male, quando dentro vorresti morire.Bisogna essere bravi a resistere, fanno così le persone che vogliono essere felici. Bisogna svegliarsi al momento giusto e sbagliare sempre per conto proprio. Se uno fa sempre e solo quello che gli chiedono gli altri, non vale la pena vivere.E' un diritto andarsene se è un dovere restare. Mi piacciono le persone che camminano veloci, che mi stanno davanti e non indietro. Così posso fermarmi e guardare come muovono le spalle, come si muovono in mezzo alla gente, da soli, come se io non ci fossi.Finchè non se ne accorgono, poi si girano e mi sorridono senza proferire una parola. E' questo il tempo di due persone che aspettano.La vita non è quasi mai nelle stanze, è fuori. Guardo molto gli altri per capire me stessa. Adoro gli sconosciuti, quelli per cui puoi immaginarti la loro vita.Per avere dignità bisogna rubare un pò alla volta. Mi piacerebbe che i vicoli, le strade che attraverso avessero memoria di me, dei miei passi,dei miei piedi quando tolgo le scarpe vicino al fango o alle pozzanghere.

venerdì 2 luglio 2010

Napoli tifa Argentina e sogna Maradona campione del Mondo


Forcella, Naples, Copyright 2010 © Ambra Craighero


Naples, Copyright 2010 © Ambra Craighero


Giuseppe Bruscolotti Naples, Copyright 2010 © Ambra Craighero



Viaggio fra i quartieri partenopei: spuntano rosari e altarini

NAPOLI, 2 luglio 2010 – Dici Maradona e il ventre di Napoli si risveglia. Il Vesuvio e i napoletani vogliono la finale mondiale con il loro totem in panchina. Basta fare un giro in città per rendersene conto (guarda le foto). Archiviata l’esperienza sudafricana degli azzurri, c’è un pezzo d’Italia che si sente ancora decisamente in gioco. Ed è qui, nel capoluogo campano, la città che ha incoronato re Diego, dove sono esposte centinaia di bandiere dell’Argentina, da Forcella ai Tribunali, dal Cavone alla Pignasecca passando per Rione Sanità e i quartieri spagnoli. "Oggi siamo tutti numeri 10 – dice Alfonso Russo, 51 anni, tassista e fan del Pibe de Oro – ed è difficile scindere l’azzurro dal colore della Seleccion. Qui, nessuno vuole sentirsi abbandonato e Diego lo sa, ma neanche noi abbiamo mai smesso di pensare al suo genio ed è per questo che certi legami sono inscindibili".


http://www.gazzetta.it/Speciali/Mondiale_2010/Squadre/02-07-2010/napoli-tifa-argentina-sogna-71297022956.shtml

http://www.gazzetta.it/gallery/Mondiale2010/06-2010/napoli-argentina/napoli-pazza-maradona-71295763333.shtml#1

domenica 27 giugno 2010

Mistica baltica


Copyright © Ambra Craighero


La casa dell'amore non ha serrature, bensì porte e finestre sempre aperte. Ha ragione Anaìs Nin quando scrive che lo svelamento di una donna è una cosa delicata. Non avviene mai di notte. Specialmente se si incontra un uomo che di notte dorme sul divano o sui tetti in cerca delle stelle. Gli amici, le persone grate o ingrate, talvolta geniali o capaci di esplorare il mondo dentro di noi, sanno che rappresentiamo quel momento e non un altro, sanno qual'è il fuoco sacro che accende le nostre passioni senza bussare alla nostra porta. Il libero, l'inafferrabile avventuriero che cade in una trappola, una trappola d'amore, sarà così umano,da essere amato nella sua modestia e nella sua disubbedienza.

Aspettando il bus per Kaunas, guardavo la gente sul marciapiede. Ogni viaggio mi suscita la stessa curiosità, la stessa speranza che si prova a teatro prima che si alzi il sipario, la stessa ansiosa aspettativa. Ho guardato tutti gli uomini e le donne sul marciapiede: una carellata di piccoli segreti, ombrelli bucati, ricrescite bianche, jeans stracciati come i pensieri.Tuttavia, sono quelli che aspettano a colpirmi. Minuti, ore; qualcosa,qualcuno. Quel che resta.

Se poi si cercano le croste, i muri ammuffiti e dipinti, le possibili strade della perdizione dove si cammina scalzi in cerca dell'identità, si trovano gli ossigeni e gli idrogeni: ossigeno lui, idrogeno lei; la figlia? Un intreccio di fluidi e solidi, un principio di fuoco e fiamme in cerca delle ali delle farfalle.

Per molti la vita è una palude. Ci sono troppe lumache che attraversano i giorni della mia vita senza un perchè e con mille ragioni. Sono grigi, hanno l'anima senza interruttore, la luce si accende così di rado che si dimenticano di vivere o che vivono per pagare la corrente altrui.

E non è un caso se in una sporca mattina di giugno, dove le stelle sono passate veloci a mezzanotte, qualcuno si è acceso una sigaretta con i miei pensieri: nientemeno che una bella donna, che era stata una bellissima donna.

Di quelle che ti fanno girare il collo con il canto delle civette annesso. Aveva un fiore, un fiore viola che gli spuntava dai capelli : tinti, neri e corvini. Davanti ai miei piedi gli è caduto. Non l'ho raccolto. L'ho guardato dal finestrino del bus. Quel fermacapelli si è attaccato al cemento come una colpa d'amore, ma l'amore non ha mai colpe. Edgar Lee Master scriveva "non ci sono matrimoni in cielo: bastano quelli sulla terra".

La signora dal fermacapelli viola potrebbe scrivere un'antologia al riguardo. Ne sono certa.




Kaunas, Lituania