giovedì 21 ottobre 2010

Francesco Nuti



Francesco Nuti ha attraversato la mia adolescenza con i suoi ricci e la sua dolcezza. Nel film c'è una giovanissima Isabella Ferrari che poi, in tema, sarebbe diventata una bellissima mamma di quattro figli. Quella vernice azzurra ancora oggi me la ricordo, così come quell'appartamento di Piazza del Carmine a Milano dove è stato girato il film.


Survivors


Mi viene più facile scrivere.Vivere è tutt'altra cosa, ed è decisamente più difficile. Così come è facile passeggiare continuamente sulle illusioni o disillusioni proprie e altrui. Non vorrei essere fraintesa: adoro la vita, ne sento il flusso ogni giorno, secondo; mi piace camminare a piedi nudi sul muschio umido possibilmente senza dissidi interiori. Ho ancora voglia di rivisitare le 32 contee irlandesi con lo zaino in spalla come quando leggevo William ButlerYeats a Drumcliff, nella contea di Sligo,nell'ovest. Già mi immagino la torba e i colori dell'inverno e quel mare di Limerick carico di storie che hanno accompagnato gli emigranti diretti in America a cercar fortuna, mentre molti di loro sono tornati indietro con i sogni e il paddy in tasca. Lo racconta straordinariamente bene Frank McCourt che ha davvero avuto tre vite. L’auto­re di Le ceneri di Angela aveva cominciato la sua prima vita nel 1930 a Brooklyn, figlio di immigrati poverissi­mi che quattro anni dopo erano ritornati a Lime­rick, terra d’origine dei McCourt. Quel­la vita fu a dir poco dickensiana,da sopravvissuto per mi­racolo alla povertà. Poi il ritorno negli Stati Uniti, i lavori occasio­nali, il servizio militare e infine, grazie alla bor­sa di studio da reduce, la laurea in lettere e l’ini­zio della seconda vita. Quella di insegnante nelle scuole pubbliche di New York, come il liceo Stuyvesant dei disadattati. Di sicuro uno così suonava l'armonica. Per poi arrivare alla terza vita, quella da pensionato 66enne, sposato con la terza moglie che lo ha finalmente incoraggiato a « camminare a piedi nudi sui prati della Grande Mela pensando alla sua Irlanda» per dedicarsi solamente alla vita di scrittore. E le stelle hanno iniziato a suonare l'arpa. Nel 1996 il suo primo libro Le ceneri di Angela, diventa un fenomeno editoriale senza precedenti: vince il Pulitzer e il National Book Critic. Un inno per i sopravvissuti d'altri tempi. Ora,mi chiedo, chi oggi non è meteforicamente un sopravvissuto? Viaggiando se ne incontrano tanti. Anche da pendolare. Con in testa - e nel cuore - le steppe russe, le montagne mongole e la transiberiana che ogni tanto di notte si riaffaccia davanti ai miei occhi, mi viene spontaneo pensare agli sciamani che viaggiano sui treni in terza classe, mentre bevono il caffè nero. Nuvole di vapore e valige di cartone senza nome. Ho incontrato molti temerari, ancora ne incontrerò. Da cosa fuggo, almeno con la mente? Dalla mancanza di limpidezza.Certi cieli limpidi dovrebbero essere come le persone ( e le panchine blu). Invece l'animo umano è così torbido che mi vien voglia di salire su una vecchia e arrugginita vespa per sentire l'odore del mare, percorrendo Dublin Bay controvento.La vita è sempre una questione di silenzi, non di parole.








mercoledì 20 ottobre 2010

Inno a John Keats

Ci siamo rapiti? Con i paesaggi, i versi dei poeti declamati ad alta voce,le distese sconfinate di lavanda che coltiveremo?La poesia è come si guarda il mondo, i bambini,il cielo, la vita,senza farsi troppo vedere. Lei, ha paura a scoprire tutte le sue carte ..e allora fugge via...perchè non resta senza pelle. Crisalidi e farfalle, farfalle e crisalidi.Forse saremo dei crisalidi infiniti senza mai diventare farfalle, perchè le farfalle volaranno dentro di noi.

«Non sono certo di nulla tranne che della santità degli affetti del cuore, e della verità dell’immaginazione.Quel che l’immaginazione percepisce come bellezza deve essere vero,sia o no esistito prima,poiché secondo me tutte le nostre passioni sono come l’amore: tutte, se intensamente sublimi, sono creatrici di bellezza pura». John Keats

«Una bella cosa è una gioia per sempre:la sua bellezza aumenta e mai
sparirà nel nulla». John Keats

«Fulgida stella, fossi fermo come tu lo sei ma non in solitario splendore sospeso alto nella notte, a vegliare, con le palpebre rimosse in eterno, come paziente di natura, insonne eremita, le mobili acque al loro dovere sacerdotale di puro lavacro intorno a rive umane, oppure guardare la nuova maschera dolcemente caduta della neve sopra i monti e le pianure. No – pure sempre fermo, sempre senza mutamento, vorrei riposare sul guanciale del puro seno del mio amore, sentirne per sempre la discesa dolce dell’onda e il sollevarsi,
sempre desto in una dolce inquietudine a udire sempre, sempre il suo respiro attenuato,e così vivere in eterno – o se no venir meno nella morte».


domenica 17 ottobre 2010

Il genio creativo di Mario Botta in mostra al Mart


A otto anni dalla sua inaugurazione, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (Mart) rende omaggio al suo creatore, con una mostra che ripercorre la carriera di Mario Botta. Una carrellata di sessanta progetti, tra chiese avveniristiche, case unifamiliari ed edifici pubblici.

A Rovereto Mario Botta è riuscito a tirar fuori dal cilindro una delle opere più geniali della sua carriera, il Mart, un museo, o meglio, un "laboratorio dell'arte e delle idee", come è stato definito dallo stesso architetto ticinese al momento della sua inaugurazione, nel dicembre 2002.

swissinfo.ch: Ci racconta un po’ le sensazioni che ha provato durante gli allestimenti di questa mostra che riassume una vita?

Mario Botta: Una mostra d’architettura rappresenta qualcosa che non c’è, perché l’architettura è fuori dal museo: è nelle strade, nelle piazze, nelle città. Tuttavia, sono felicissimo di questa grande opportunità che mi è stata concessa. Si tratta di un viaggio a ritroso, dentro me stesso, con prologo e appendice dei miei pensieri tramutati in realtà tangibile. Mi fa effetto pensare che sono trascorsi cinquant’anni dal primo lavoro, quando ero un giovane apprendista «di bottega» (Cappella di Genestrerio e casa unifamiliare di Morbio Superiore in Svizzera nel 1959, ndr). Ho ancora lo stesso entusiasmo di quando mi laureai a Venezia con i relatori Carlo Scarpa (suo grande maestro dal '64 al '69, ndr) e Giuseppe Mazzariol. Poco più tardi iniziai a forgiare la mia disciplina interiore facendo vita «da artigiano»: tre mesi con Le Corbusier e poi con Louis Kahn. Devo dire che scavando in profondità mi sono accorto di rincorrere sempre la stessa ossessione: la ricerca di una forma alla cui definizione concorrono, insieme, il rigore delle geometrie, i materiali, il modo nel quale la luce scandisce i volumi. Anche se, ancora oggi, davanti a tutto quel che vedo sono ancor più disarmato dal mistero del processo creativo.

http://www.swissinfo.ch/ita/swissinfo/Il_genio_creativo_di_Mario_Botta_in_mostra_al_Mart.html?cid=28424226

venerdì 1 ottobre 2010

Tribute to Steve Mccurry




Il genio di Mario Botta

Rovereto, Mario Botta al Mart - Copyright 2010 © Ambra Craighero

Rovereto, Mario Botta al Mart - Copyright 2010 © Ambra Craighero


Rovereto, Mario Botta al Mart - Copyright 2010 © Ambra Craighero