domenica 14 dicembre 2008

L'irresistibile bisogno di sparire

Forse un giorno, mi metterò sulle tracce dell'irresistibile bisogno di sparire. Spesso inseguo la voracità di trarre il piacere dall' otium - ozio , un pò come l'ammalato di lettere che prima di tutto è un lettore; perchè, la grande domanda che ci si pone è sempre la stessa : di cosa scrivere?. L'identità è una maschera, la sparizione è una rinuncia del sé e un'apparente fuga. Non è forse lecito inventarsi un'altra esistenza, senza che nessuno ci venga a cercare, come capitò ad Agata Christie ?. A quel punto, seminati i pericoli di incontro come birilli, può iniziare la vera eclissi. Ma la verità, è che la scrittura, è per molti l'unica possibilità di esistenza interiore. Una specie di botola nel palcoscenico della vita, una cantina inviolata, un desiderio di appartarsi dal mondo che chiede sempre delle soluzioni a tutto, anche quando non ci sono. Una candela accesa, nelle tenebre delle notti, perchè le notti non sono tutte uguali. Ma l'essenziale, non è credere in Dio, ma che Dio continui a credere in noi con un atto di naturale diligenza. E pazienza, se nell’immaginario collettivo si pensa che scrivere sia terapeutico, che serva per conoscerci meglio. Nel mio caso non è affatto così: di me non so nulla. Io sono quello che scrivo. Quando la finzione entra nella realtà, è in qualche modo un racconto, un viaggio : un personalissimo voyage, più difficile da vivere. E penso a Tiziano Vecelio che sapeva disegnare come Michelangelo, ma il colore e la luce erano la sua - dolce ? - ossessione ; oppure a Kant che condusse sempre una vita molto regolare, condita dal - dolce ? -tormento: si dice che gli abitanti di Königsberg regolavano i loro orologi, quando alle 17 in punto vedevano passare il filosofo davanti alle loro case, durante la passeggiata quotidiana che durò ben 50 anni. Una sola volta Kant non fece la sua passeggiata: quando fu impegnato nella lettura dell' «Emilio» di Rousseau. Era il 1781 e di lì a breve apparse il capolavoro della filosofia : «La Critica della ragion pura».