martedì 23 marzo 2010

Fitzcarraldo




L’odore del sogno dei cani, quel bianco di lino che parte dai piedi e arriva fino alla testa insieme al fango, neanche fosse Gran Marnier. Non ho più dubbi: l'amore è custodito nei fondali dei fiumi;in quelle onde voluttuose di Herzog, in quelle arie di Caruso, con in tasca quel sogno impossibile di amalgamare istinto e ragione. Fitz non è lontano come possono essere lontani gli anni 80, è lontano tutto ciò che è qui, davanti a me, adesso. Solo Herzog poteva sdoganare nell’acqua torbida, le figure grottesche dell’immaginario germanico, ambientando a Manaus, - con quel magistrale e seducente Klaus, brutto da morire e bello da vivere -, l'impossibilità che un tedesco possa attraversare gli inferni sulla terra regnanti dal caos (terreno) e dal disordine (mentale). Per non parlare di Kinski con il grammofono come polena con il quale fende l’aria e il Rio delle Amazzoni in un colpo solo. Se mi chiedete cos'è l'amore? E' questo film: un inno bianco e assoluto come lo intendo io.